mercoledì 25 febbraio 2009

SI FA PRESTO A DIRE NAZIONALIZZAZIONE

“Ogni cent’anni bisogna nazionalizzare le banche”. Rimasto in sordina Alan Greenspan, l’ex presidente della Fed, svela la sua ricetta contro la crisi.

Dagli Stati Uniti l’ipotesi nazionalizzazione attira sempre più sostenitori e appare sempre più vicina. La bandiera di Obama potrebbe sventolare presto su Citigroup e Bank of America.

L’ipotesi di nazionalizzazione non sarebbe indolore per il mercato. In uno studio Ubs prova a tracciare le conseguenze di una simile operazione.

Gli analisti della banca d’affari svizzera dividono in tre categorie gli istituti analizzati. Quelli con un Core Tier 1 (indice che misura la solidità patrimoniale delle banche) superiore all’8% non dovrebbero avere nessun bisogno di un aiuto dello Stato. Banche con un Core Tier 1 compreso fra il 4 e l’8% che dovranno ricorrere ai vari programmi governativi: emissione di bond, garanzie statali, accettando anche severe regole. Infine nella lista stilata da Ubs si trovano gli istituti con un Core Tier 1 sotto il 4%: per loro l’unica soluzione sarà la nazionalizzazione.

Il motivo è molto semplice: il crollo dei mercati e la crisi economica potrebbe portare importanti svalutazioni e le banche con un Core Tier 1 basso rischiano di registrare perdite superiore al proprio patrimonio. Fino ad oggi, si legge nel report, l’abolizione degli standard contabili Ias 29 ha permesso di non svalutare le partecipazioni in portafoglio limitando i danni. Il proseguire del calo dei mercati, però, rischia ora di limitare gli effetti benefici. La nazionalizzazione sarebbe l’unica soluzione. “Ma non sempre – aggiungono gli analisti - le soluzioni buone per il sistema lo sono anche per gli azionisti”.

Il caso Giappone del 1998 insegna. Anche allora la crisi era caratterizzata da un forte credit crunch, dallo scoppio di una bolla immobiliare e da una deflazione durata anni con tassi ai minimi storici. Il governo, per salvare il sistema finanziario, fu costretto a nazionalizzare due banche in crisi, LTBC e NCB. Le regole del processo erano chiare: azzeramento totale del valore delle azioni che per legge passarono sotto il controllo dello Stato, svalutazione del 25% dei titoli di privilegio, rimborso dei bond.

Sarebbe questo il vero motivo per cui, da quando sia in America che in Europa si è tornato a parlare di nazionalizzazioni, le banche sono crollate. Gli azionisti temono infatti che lo Stato espropri a prezzi ridicoli i loro titoli. E Ubs avverte che se gli Usa procederanno a nazionalizzazione con azzeramento del valore delle azioni, il giorno dopo in Europa le banche verrebbero travolte dalle vendite. Il consiglio dunque è di agire in maniera coordinata tra i diversi Paesi, ma in fretta, altrimenti più si rimanda l’intervento più i mercati subiranno l’incertezza dell’intervento.

Gli analisti delle banca svizzera hanno stilato la lista dei titoli che in Europa non avranno nulla da temere, fra questi: Intesa SanPaolo, Hsbc, Itau Td Bank e Scotiabank non rischiano nessuna nazionalizzazione. Le altre banche italiane non sono citate da Ubs, ma tutte hanno un Core Tier 1 superiore al 4%.

Stamattina anche il premier Silvio Berlusconi ha detto chiaramente che "in Italia la nazionalizzazione delle banche non è in nessun modo ipotizzabile perché il sistema bancario è molto solido, siamo un popolo di risparmiatori e le nostre banche non hanno corso l'avventura dei titoli tossici".

Il presidente del Consiglio ha aggiunto che il governo ha messo a disposizione 10-12 miliardi "per incrementare la patrimonializzazione delle banche", ma "ad oggi nessuna banca italiana si è sentita necessitata ad utilizzare queste somme".

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martedì 17 febbraio 2009

UNICREDIT E L' EST EUROPA


Il sistema finanziario dell’Europa dell’Est scricchiola e le banche internazionali presenti nell’area devono fronteggiare una situazione sempre più critica. La caduta del prezzo del petrolio fa vacillare anche la Russia: la settimana scorsa il premier Vladimir Putin ha messo la firma ad un secondo pacchetto di aiuti al sistema creditizio da 1.000 miliardi di rubli (46,7 miliardi di euro), ma i soldi in arrivo non sembrano riuscire ad allentare le tensioni. 

Stanotte il numero uno dell’associazione delle banche regionali della Russia, Anatoly Aksakov, ha detto ai giornalisti che gli istituti di credito chiederanno assistenza al governo di Mosca nella trattativa intavolata per avere una moratoria sui prestiti con le banche europee. In ballo ci sono 135 miliardi di euro di debiti in scadenza nel 2009 e 400 milioni di euro nei 5 anni successivi.

L’affermazione ha scosso stamattina i mercati finanziari ed ha costretto il ministro delle Finanze, Alerei Kudrin, a smentire.

Gli eventi della mattinata sono l’ultimo dei segnali di un peggioramento dello scenario nell’area e sono un nuovo avvertimento per Unicredit . Per la banca guidata da Alessandro Profumo la Russia vale l’1,69% del totale degli impieghi del gruppo a fine settembre 2008. I depositi arrivano a 7,3 miliardi di euro, l’1,1% sul valore complessivo del gruppo.  

Un analista che preferisce l’anonimato si aspetta che Unicredit alzi gli accantonamenti prudenziali legati all’area dell’Europa dell’Est portandoli al 2,00/2,50 per cento degli impieghi totali. In Italia la gestione del rischio prevede accantonamenti pari a circa lo 0,8-1,0 per cento sul totale degli impieghi.

In tutta l’area lo scenario sta diventando sempre più tenebroso. La fuga dei capitali esteri, gli stessi che avevano alimentato la vivace crescita dell’ultimo decennio, ha messo a terra il rublo (-35% contro l’euro negli ultimi quattro mesi). La discesa della valuta sta soffocando le famiglie che in questi anni si sono indebitate in euro per approfittare del favorevole differenziale tra i tassi di interesse. Di conseguenza, le banche si trovano a fronteggiare il pericolo di un vertiginoso aumento dei clienti che non saranno in grado di pagare la rata del mutuo denominato in euro.

Non stanno meglio le aziende, che nell’ultimo decennio si sono legate mani e piedi alla Germania e oggi risentono in modo pesante della recessione della prima economia europea.

Unicredito non può permettersi di stare a guardare quello che succede nel Centro-est Europa.  Gli impieghi del gruppo nella zona ammontavano a fine settembre a 88,4 miliardi di euro: la quota maggiore è in Polonia (21,7 miliardi di euro), la Russia è al secondo posto con 10,6 miliardi di euro e di seguito ci sono la Croazia (8,1 miliardi), la Repubblica Ceca (6,7 miliardi) e l’Ucraina (4,5 miliardi). Nell’area sono compresi anche i Paesi asiatici dell’ex Unione Sovietica, quelli che stanno subendo i colpi più duri dalla crisi e dalla discesa del prezzo del petrolio.

Il Kazakhstan (4,25 miliardi di euro di impieghi) è uno di questi, Unicredit è entrato nel Paese nel giugno del 2007 rilevando Atf Bank, la quarta banca locale: in quel momento le prospettive erano rosee e spendere 1,7 miliardi di euro, circa 30 volte gli utili, sembrava una scelta ponderata. Ad un anno e mezzo di distanza la situazione si è capovolta, la settimana scorsa il governo di Astana, ha svalutato la moneta del 18% e in precedenza aveva nazionalizzato i primi due istituti di credito del Paese.

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giovedì 5 febbraio 2009

Unicredit Banca: non era che ci potevi contare?


Slogan e basta.
Unicredit: Puoi contarci!
Trasloco facile... Non è lei "l'uomo Unicredit"?
L'impegno di Unicredit ..e le nostre firme...

Sono stato dipendente di Unicredit (ex Credito Italiano) per 20 anni diventando un loro funzionario. Ho fatto parte della loro Rete di Promotori Finanziari in UnicreditSim. Ho una casa che vale tre volte il mutuo che mi hanno dato.
Ho richiesto un finanziamento per iniziare una attività SICURA E REDDITIZIA (Sali e Tabacchi), poiché in Italia non c'è più lavoro e noi over 50 possiamo anche morire... 
Mi hanno tenuto lì a penzoloni per oltre un mese e mezzo, adducendo scuse quali "richiesta di chiarimenti"... gli scogli sono stati superati (soddisfatte le loro prime richieste).
Unicredit, ufficialmente non ha ancora avuto il "coraggio" di dirmi che ha rinunciato a finanziarmi. Si è parato dietro a parole dette al telefono dal funzionario responsabile.. che è stato capace di dire "mi dispiace"...

Caro Ministro Brunetta, Lei che è così "attento" alle innovazioni ed è così "solerte"... perché non mette alla gogna questi comportamentei delle banche?
Miseri usurai che adesso dobbiamo anche "salvare" dal fallimento. Se la fanno addosso... queste grandi banche...  ad erogare denaro. Non è forse il loro mestiere? Danno i soldi solo a chi vogliono loro, a chi ce l'ha e poi fanno le porcate dei subprime, ce li rifilano sotto sotto nei Fondi comuni e poi fanno crollare l'economia... Ci inducono prima a spendere, a prendere mutui, revolving, crediti personali... spendere..spendere.. indebitarte il popolo.. Poi, quando veramente servirebbe ricostruire il Paese attraverso l'erogazione del credito per risanare l'economia, dare linfa agli imprenditori che creino lavoro e ricchezza... Puff! se la fanno addosso.

Grazie Unicredit per esistere! Non so come farei senza di voi...
Caro Ministro: così, l'Italia fa la fine del Titanic.
Auguri! Adesso sono cavoli vostri... io emigro!
Roberto Pino

Riviera Maya

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