venerdì 23 gennaio 2009

E' panico?

Tre settimane di fuoco, dopo un breve prologo illusorio di tre sedute, e il 2009 di Piazza Affari ha già totalizzato una discesa del 10%.

La gravità della situazione è confermata dal fatto che già il 2008 si era chiuso con una perdita del 50% e tutti si auguravano almeno una “ripresina”. Invece, proprio oggi l’indice Mibtel è ridisceso a livelli che non toccava dal luglio 1997, quando nelle nostre tasche tintinnava ancora la vecchia lira.

Nessun rimbalzo quindi, nessuna voglia di comprare azioni a prezzi scontati. Ma di quale sconto si può parlare, infatti, se gran parte degli strategisti descrive le prospettive dei mercati azionari con toni a dir poco apocalittici?

E paradossalmente, conta poco il fatto che molti di loro portino ancora la casacca sgualcita di quelle istituzioni finanziarie che sono state corresponsabili dei disastri attuali. Vien da chiederci: ma non potevano dircele prima queste cose, quando nel pentolone bolliva un intruglio fatto da ingredienti misteriosi che soltanto loro dovevano ben conoscere?

Adesso tutti giù a pontificare che il peggio non è alle spalle, che di auto non se ne venderanno più, che le case, quelle finite, resteranno sfitte per decenni, mentre quelle non finite, resteranno lì a metà dell'opera a imperitura memoria del crash del 2008... sperando che non venga cancellato dall’imperitura memoria del crash del 2009. 

Il mercato è giustamente disorientato, così come lo sono le autorità pubbliche e gli imprenditori. Solo un anno fa i manager proiettavano dati fino alle calende greche tanta era la visibilità sul futuro radioso del mondo. Ora, quando sfidano l’impossibile, si spingono a confermare che il giorno dopo saranno seduti alla loro scrivania.

Oggi viviamo in un mondo che non ha alcuna certezza sul futuro e purtroppo per chi investe in Borsa è la cosa peggiore. Chiunque può sostenere tutto e il contrario di tutto. Se una banca annuncia un buco, qualcuno può sempre dire che il buco era più grosso. Anche per questo ogni prezzo di Borsa ha la sua ragionevolezza: se la Fiat è fallita vale “zero”, se la Fiat diventerà uno dei protagonisti mondiali dell’industria dell’auto, fra 5 anni potrebbe valere 50 euro.  

Erano molto più belli i tempi della certezza, quando per esempio la scorsa estate correvamo ad acquistare il petrolio a 145 dollari al barile perché destinato ad arrivare “certamente” a 200 dollari al barile entro la fine del 2008. Oggi, sei mesi dopo, è a 42 dollari al barile.

Non fa niente, siamo tutti certi che a 200 dollari ci tornerà prima o poi, basta aspettare. L’unico problema è che non sappiamo dove parcheggiare i barili.

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