venerdì 31 ottobre 2008
giovedì 30 ottobre 2008
C'è veramente da vergognarsi...
EX parlamentari che si permettono di imprecare, insultare... in televisione!
Ho sempre considerato Vittorio Sgarbi un maleducato, anche se alcune volte posso aver condiviso le sue argomentazioni.
Il fatto che sia un esperto d'Arte, non gli da dirittto di esportare le sue "sceneggiate" in Tv, che non lo rendono più popolare... anzi.. io non lo avrei neanche invitato a parlare..
Il "POPOLO ITALIANO" ti ha già sassato via.. con le ultime elezioni Vittorio! a cosa ci servono le tue opinioni???
leggere l'articolo:
mercoledì 29 ottobre 2008
FOCUS TECNICO SUL PETROLIO
Dai massimi segnati lo scorso luglio in area 150 usd/b, il ribasso del brent (62 usd/b) è stato violentissimo. Ma, come si può vedere dal grafico qui sotto riportato, non si può ancora parlare d'inversione della tendenza rialzista di medio periodo. In particolare, l'uptrend iniziato nel 2004 (dopo anni di trading range 20-35 usd/b) manterrà la sua validità finchè non verrà infranta la fascia di supporto compresa tra la trend line inclinata e il supporto statico passante per area 50 usd/b: Nessun commento:
martedì 28 ottobre 2008
Il caso Volkswagen e i derivati- Fonte Websim.it
Le Borse europee in meno di un’ora hanno azzerato i forti guadagni iniziali, ad esclusione del Dax di Francoforte che sale del 9% per effetto del volo (+87%) di Volkswagen.
Il caso è emblematico per dimostrare ancora una volta che gran parte dei movimenti recenti dei mercati azionari non è spiegabile solo con il peggioramento delle condizioni macro, ma anche e soprattutto con gli eccessi degli strumenti derivati.
Volkswagen guadagna il 530% dall’inizio dell’anno senza alcuna motivazione apparente di tipo fondamentale. Secondo gli esperti a guidare la folle corsa del titolo degli ultimi giorni ci sono solo ragioni tecniche. Vediamo di capire:
Porsche nel week end ha annunciato a sorpresa che intende arrivare a controllare il 75% del capitale di Volkswagen. Ciò significa che al 42% già posseduto aggiungerà le azioni che derivano dall’esercizio di tutte le opzioni d’acquisto in circolazione (corrispondenti a un altro 31,5% del capitale), costringendo gli intermediari a chiedere la consegna delle azioni Volkswagen. Il mercato non si aspettava una mossa del genere.
Se consideriamo che il Land della Sassonia possiede un altro 20% del capitale, emerge che di fatto il flottante in Borsa è ridotto a un modesto 5%.
E’ quindi molto probabile, se non certo, che improvvisamente molti investitori speculativi che hanno venduto allo scoperto (ovvero senza detenerle) azioni Volkswagen per sfruttare il pessimo momento del mercato auto si trovano oggi costretti a comprare azioni a qualsiasi prezzo. Morgan Stanley stima che lo scoperto ammonti a 10 miliardi di euro.
Sta quindi crollando un gigantesco castello di carte e temiamo che qualche speculatore chiuderà i battenti per questo giochetto maldestro.
Un’altra notizia che dà la misura delle follie di questi giorni arriva dalla California. Il Sole 24 Ore riporta che un fondo hedge avrebbe perso l’85% in un sol giorno perché costretto a smontare tutte le posizioni sui derivati per restituire immediatamente i fondi alla banca finanziatrice. Per inciso il fondo era stato inserito nella lista dei migliori dalla rivista Barron’s.
Purtroppo, se le dinamiche della Borsa sono simili ai casi sopra esposti, non ci sono ragionamenti in grado di spiegare i prezzi di certe azioni. Per esempio difficile capire perchè oggi Intesa perde il 9% e Banco Popolare sale del 6%. Non ci resta che aspettare la fine della bufera, con l’augurio che arrivi presto.
Politica: Vista da lontano: ma l’Italia è impazzita? di Marcello Foa
Sono arrivato negli Stati Uniti pensando di trovare un Paese depresso, arrabbiato, sconvolto. Qui quasi un milione di famiglie sta perdendo la casa, decine di migliaia di persone sono sull’orlo del fallimento personale, un’intera generazione di pensionandi vede dimezzare, con il crollo di Wall Street, i risparmi di una vita e le aspettative di una vecchiaia serena. Negli Stati Uniti ci sarebbero davvero ottimi motivi per scendere in piazza e invece si tira avanti, talvolta col magone, ma senza pensare a una rivoluzione. Non ancora, perlomeno.
Poi mio collego ai siti italiani e scopro immagini fortissime: piazza Duomo a Milano occupata dagli studenti, la sede di Assolombarda assaltata con fumogeni e i petardi, giovani che tentano un blitz all’auditorium di Roma. E tutto questo perchè? Per bloccare una riforma scolastica che, perlomeno per quel che concerne elementari e medie, propone misure di assoluto buon senso: il maestro unico, l’insegnamento dell’educazione civica, il voto in condotta. Prima di partire per gli Stati Uniti ho incontrato degli amici austriaci residenti a Milano che davvero non riuscivano a capire le ragioni di questa agitazione: a Vienna norme del genere sono normali, come in Francia, come in Germania, come in Svizzera.
In Italia no. E per impedirle si provoca un nuovo Sessantotto. E tutto questo mentre il mondo sprofonda nella prima vera recessione globale, questa sì davvero spaventosa. Da lontano mi chiedo: ma l’Italia è impazzita?
Ps: che tristezza vedere immagini come queste riportate da Youreporter
Stimato Foa, per quel che leggo, vedo, sento e per i ricordi di quando ho vissuto a New York, la grande differenza tra la nostra Italia e gli Stati Uniti è semplicemente che loro “credono” di essere i migliori.
Quando c’è da rimboccarsi le maniche lo fanno, senza polemica, piagnistei, e senza chiedere a nessuno.
Forse sarà l’antico spirito dei “pionieri” che conquistarono il West… non so. So soltanto che solo nel nostro paese siamo Machiavellici e cerchiamo di non far lavorare chi governa solo per il gusto di mettere il bastone tra le ruote, anziché essere uniti e sportivamente collaborare con chi ci ha battuti per il bene di tutti.
Il nostro, purtroppo, è un Paese dove vive e cresce e prospera la sterile polemica.
Speriamo che l’america si risollevi, e ci insegni ancora una volta come dobbiamo reagire.
Saluti, Roberto Pino
“Yes we can”
venerdì 24 ottobre 2008
Watch out ! Obama
lunedì 20 ottobre 2008
Macché Capitalismo... questo è "Debitalismo". E ora torna Marx?
L’altro giorno sul metro ho sentito un uomo sulla sessantina esclamare con aria soddisfatta: “Aveva ragione Marx, quando affermava che il capitalismo si sarebbe impiccato da sè“. Oggi il radiogiornale di Radio 24 ha annunciato che in Germania le vendite de il Capitale di Marx sono triplicate nelle ultime settimane, proprio in coincidenza con la crisi dei subprime…. E forse siamo solo all’inizio.
Intendiamoci: la casta finanziaria ha sbagliato generando la bomba dei derivati, gli imprenditori delle grandi multinazionali e delle banche hanno creato un sistema che consentiva loro di accumulare ricchezze immense e immeritate, senza mai pagare il prezzo degli errori che loro stesso commettevano, la classe politica non ha esercitato il proprio dovere di vigilanza e di controllo; anzi si è fatta coinvolgere e corrompere. Tutto questo va denunciato con chiarezza, ma Marx continua ad avere torto.
Il libero mercato non è fallito, continua ad essere il miglior sistema possibile. Il problema è che il capitalismo è stato snaturato: il suo scopo è, da sempre, quello di favorire l’accumulo di capitale da parte dell’individuo, mentre le degenerazioni finanziarie degli ultimi vent’anni lo hanno trasformato in una cosa diversa: nel “debitalismo” ovvero nell’accumulo di debiti anziché di capitale. Per sopravvivere, per sostenere consumi al di sopra delle proprie disponibilità e dunque per drogare la crescita, creando non vero, solido benessere, basato sul risparmio e sul reddito reale, ma una ricchezza illusoria . Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna il debitalismo ha raggiunto proporzioni enormi, come ho ricordato in un post recente, noi europei continentali eravamo sulla stessa strada.
Ora la bolla è scoppiata. Soffriremo, ma questa crisi può essere salutare e può permetterci di ripartire su basi più solide. I sistemi liberali riescono a correggere i propri errori, quelli comunisti no e per questo i “rossi” hanno perso la sfida con la storia. Di un revival di Marx non si sente proprio il bisogno.
La ringrazio. Colgo l’occasione, allora, per lanciare qualche spunto di riflessione in merito.Supponiamo che solo io ed il mio vicino vendiamo caramelle. Entrambi siamo integralmente proprietari della nostra attività; nessuno dei due ha debiti. Domani la banca centrale ci da la possibilità di avere a prestito tutto il denaro che vogliamo a tasso 0. Io non li prendo; il mio concorrente sì, e con tali soldi si compra un negozio meraviglioso. Tutti gli acquirenti vanno dal mio concorrente: io fallisco e chiudo. Chi non sta al gioco del “denaro facile” è estromesso dal mercato. E’ un meccanismo di mercato, di scelte individuali, o indotto?In tal modo, inoltre, il sistema bancario ha un potere eccezionale sul mercato della vendita di caramelle, dato che i venditori rimasti sono fortemente indebitati col sistema bancario. Alla minima difficoltà, saranno le banche ad avere il controllo di questo mercato; controlleranno anche l’ingresso di nuovi operatori, che potranno entrarvi solo indebitandosi fortemente col sistema bancario stesso.Altro spunto: se su 100 persone solo 10 hanno il denaro necessario per comprarsi la casa, il prezzo di una casa sarà, immaginiamo, di 1000. Arriva il sistema bancario con l’easy denaro, e da a tutti e 100 il denaro a prestito (low cost) per comprarsi la casa. Tutti decidono di comprare casa. Cosa succede ai prezzi delle case? Aumentano notevolmente; diciamo che arrivano a 2000. Risultato? Tutti, inclusi i primi 10, ora devono indebitarsi per potersi comprare una casa. E’ un meccanismo naturale od indotto? Il potere del sistema bancario sulle persone (e sulle case) è aumentato o diminuito? Le case sono sempre quelle (anche se valgono nominalmente di più); non vi è maggiore ricchezza reale. Però è cambiata la rappresentazione di tale ricchezza: anzichè proprietari semplici, abbiamo proprietari indebitati in proporzione all’aumento di prezzi, che è dovuto alla maggiore domanda dovuta all’aumento artificiale del credito.Altro spunto: supponiamo che tutti vogliano indebitarsi per motivi “culturali”. Senza sistema bancario pronto ad inventare il denaro necessario, ci si può indebitare solo nella misura in cui esistono risparmi di altri. Se la domanda di prestiti aumenta, ne aumenterà logicamente anche il prezzo, dato dai tassi di interesse. Di conseguenza aumenterà il risparmio (incentivato dai maggiori rendimenti), e diminuirà la domanda (più i tassi sono alti, meno saranno disposti a chiedere denaro a prestito). Con l’intervento delle autorità monetarie cosa succede? Che i tassi di interesse non salgono; anzi, scendono, per loro discrezionale decisione e non per meccanismi di mercato. Risultato? la domanda di denaro a prestito aumenta, mentre la propensione al risparmio logicamente diminuisce. Il risparmio svanisce ed i debiti sono sempre di più. Il rapporto risparmio/debito è “naturale”, “culturale” o è indotto dalla manipolazione del mercato del credito da parte della autorità?Ruolo congiunto di autorità monetarie e politiche fiscali: l’aumento della quantità di moneta ed i tassi di interesse artificialmente bassi provocano inflazione. Quanto rende il risparmio? Rende i tassi nominali meno l’inflazione (entrambi frutto dell’operato delle autorità monetarie), cioè i tassi reali. Con le condizioni degli ultimi anni abbiamo tassi reali negativi: se oggi non compro pere ma risparmio denaro, domani ci compro meno pere di quante ne avrei potute comprare oggi. Questo aspetto, da solo, disincentiva totalmente il risparmio; lo rende assurdo ed economicamente sconveniente. Aggiungiamoci il fisco: questo tassa le “rendite finanziarie”, cioè il risparmio, sui rendimenti nominali, non su quelli reali (che sono negativi). Ignora completamente l’inflazione. Risultato? Oltre ai tassi negativi, avremo anche l’erosione del capitale (del risparmio) data dal fisco, cioè un altro meccanismo per rendere economicamente sconveniente il risparmio. Dall’altro lato, abbiamo che l’inflazione (perpetua, e che NON è un fenomeno naturale, ma una creazione dell’espansione monetaria; ci sembra naturale perchè negli ultimi decenni è stato sempre così, ma NON è stato sempre così. Non era così prima che le autorità monetarie centrali avessero il controllo monopolistico di fiat money e credito) riduce il valore dei debiti in termini reali. Se per rimborsare il debito di 100 devo vendere 100 pere, l’inflazione fa sì che col passare del tempo debba vendere 98 pere, 96 pere, 94 pere. I debitori sono costantemente avantaggiati dall’inflazione, e sono evidentemente incentivati a farlo. Aggiungiamo il fisco: anzichè tassare, permette di detrarre/dedurre parte del costo del debito, degli interessi. Altro “sconto” a vantaggio dei debitori. Altro incentivo economico al debito. Con queste condizioni, economicamente parlando, solo un cretino (come me) non si indebita. E solo un cretino (è una provocazione, nessuno se la prenda) risparmia. Sono le condizioni (imposte dall’alto) che vanno contro ogni logica di buon senso e di saggezza. Contro ciò che ogni padre degno di questo nome insegnerebbe al proprio figlio.E’ CAPITALISMO quello in cui il mercato dei CAPITALI è soggetto totalmente al controllo, alle distorsioni, ed ai prezzi imposti da un’autorità pubblica più o meno controllata dalla politica e dal “pubblico” (la BCE chi l’ha istituita? la politica od il mercato? Chi ha dato lei questo potere? Chi ha nominato Greenspan e Bernanke negli Usa?)?Perchè i manager non criticano questo sistema?Perchè il sistema bancario ha solo da guadagnarci da questo sistema, ed è “colluso” con la politica (vedasi banchieri che votano alle primarie del PD, vedasi Paulson che passa da Goldman Sachs alla politica, Draghi stesso che passa da Goldman Sachs a controllore pubblico; la politica, d’altronde, ha in questo modo uno straordinario strumento di potere: sulla proprietà di tutto quanto, sulle scelte delle persone, ecc.).Ed i manager delle grandi imprese? Sono i Colaninno a guadagnarci da questo sistema, non le imprese in generale. Vorrei vedere se si lamentano pure. In Italia abbiamo grandi imprese che stanno in piedi solamente grazie ad aiuti pubblici e sostegno delle banche. Anch’esse fanno parte del sistema debitalistico.La piccola-media impresa, quella che sta in piedi da sola, invece ci rimette. E non mi pare che difenda granchè questo sistema, anche se va detto che, con gli “incentivi” al debito, col fatto che solo indebitandosi si sta sul mercato (primo punto esposto), si entra a far parte del giro e ne si diventa dipendenti. A quel punto, difenderlo è l’unico modo per assicurarsi la propria sopravvivenza (una volta indebitatisi, un credit crunch facilmente ti spazza via).Più tardi si smantella tale sistema, peggiori saranno le conseguenze da sopportare. Tutto il sistema produttivo è distorto da questo sistema di pianificazione e controllo economico finto. Non si crea ricchezza, nè niente di reale, stampando foglietti di carta o scrivendo sul computer di qualcun altro: “adesso hai 1 miliardo di euri da spendere”. Non esiste quel miliardo di euri nel mondo reale, e qualcuno dovrà pagarlo.
domenica 19 ottobre 2008
Basta con la maleducazione e la polemica di Amici!
Dissento quindi della decisione del professore (Fabrizio) che con un gesto polemico ha permesso a Domenico di restare; forse gesto giustificato per dare contro alla Celentano ma non di certo educativo per quelle migliaia.. che dico! milioni di giovani che continueranno a prenderci per il culo, insultarci, fregarsene di noi e vivere la loro vita come se tutti i diritti fossero i loro. Dire che lui "sopporterà" altri futuri insulti è decisamente non educativo e vigliacco; un atteggiamento perdente e umiliante.
Il programma -che si chiamava "Saranno famosi" all'inizio- prendeva spunto dall'omonimo film originale poi convertitosi in serie molti anni fa in america. In quella serie c'era la voglia di migliorare dei ragazzi.. di sfondare nella vita.. e c'era il rispetto per il ruolo verso gli insegnanti. Valori che oggi si sono ribaltati nella sterile discussione, negli insulti e nella presunzione di giovani pippe che credono di essere a Hollywood.Cara De Filippi: ci siamo stufati di vedere programmi televisivi "Non Educativi", che con la scusa di essere "progressisti" non fanno altro che diffondere arroganza, sterile polemica e maleducazione senza migliorare il mondo in cui viviamo. Vergognati!
venerdì 17 ottobre 2008
Unicredit: Pronti a nuove sfide!
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Ti trovi in: Rassegna stampa :
UNICREDIT, LIBIA SECONDO AZIONISTA
Da "LA STAMPA" di venerdì 17 ottobre 2008
Unicredit, Libia secondo azionista Gheddafi entra al 4,2% nel capitale della banca: "Siamo investitori di lungo termine" FRANCESCO MANACORDA MILANO Tutti vendono Unicredit, i libici comprano Unicredit. Ieri sera, dopo un`altra giornata di passione per la banca guidata da Alessandro Profumo, che giunge a sfiorare pericolosamente i 2 euro, arriva l`annuncio. La Banca centrale della Libia, la Libyan Investment Authority e la Libyan Foreign Bank hanno «acquisito sul mercato una quota ulteriore che consente loro di raggiungere il 4,23% del capitale Unicredit».
I fondi sovrani, evocati il giorno prima come un pericolo dal premier Silvio Berlusconi, si materializzano immediatamente.
Ma, in questo caso, le loro intenzioni non appaiono ostili. Fino a ieri azionisti residuali di piazza Cordusio - avevano uno 0,87% eredità della fusione con Capitalia, dove invece possedevano il 5% - gli investitori pubblici arabi balzano adesso al secondo posto in classifica, preceduti solo da Cariverona con il 5% e seguiti dalle altre Fondazioni e da Allianz. E nella banca investiranno ancora: alla loro quota, che ai prezzi di ieri vale circa 1,2 miliardi, i libici hanno già affiancato dieci giorni fa la disponibilità a sottoscrivere fino a 500 milioni nelle obbligazioni che Unicredit dovrà emettere se l`aumento di capitale da 3 miliardi varato il 5 ottobre - e che ai prezzi di Borsa attuali andrebbe deserto - non facesse il pieno.
La salita nel capitale è presentata e accolta come un`operazione amichevole.
In una nota i tre soggetti libici si definiscono «investitori di lungo termine» e spiegano che, in linea con la loro strategia, l`investimento «mostra un chiaro potenziale di lungo termine e solide opportunità industriali». Ovviamente hanno giocato anche le quotazioni stracciate di questi giorni: è presumibile che le azioni siano state comprate attorno ai 2,5 euro.
Soddisfazione anche da parte della banca, che per bocca di un suo portavoce esprime la massima fiducia nei nuovi azionisti di peso. Del resto la soglia del 5% ai diritti di voto - qualsiasi sia la partecipazione posseduta da un soggetto - esclude la possibilità che l`interesse dei libici diventi troppo forte.
Quale l`accoglienza del governo all`operazione? Berlusconi non ha fatto commenti pubblici. Il giorno prima aveva messo in guardia dal rischio di Opa ostili, parlando di «paesi produttori di petrolio che hanno molti fondi» e che «stanno acquistando massicciamente nei nostri mercati». Ma il caso libico non pare proprio rientrare in queste preoccupazioni. Sia per la politica di distensione che proprio il premier Berlusconi ha messo in atto a fine agosto con Gheddafi - tra l`altro la Libia è stata anche in predicato di entrare in Telecom con la benedizione di Palazzo Chigi sia appunto per la soglia del 5% ai diritti di voto nella ban- ca che chiude eventuali spazi di manovra. Anche il ministro dell`Economia Giulio Tremonti non ha voluto commentare l`operazione. Alcune voci lo danno però irritato in generale per la gestione della crisi Unicredit nelle ultime settimane e assai critico nei confronti di Profumo.
La spinta che viene dalla Libia aiuta comunque il titolo a riprendersi nel dopo Borsa.
La seduta regolare di Unicredit, infatti, è l`ennesimo bagno di sangue, con una perdita del 13,07% che porta il titolo a 2,16 euro. In serata, invece, il titolo recupera il 6% arrivando a 2,3 euro. Soci e management non si capacitano in ogni caso della caduta senza freni dell`azione.
Con il doloroso aumento di capitale Profumo riteneva di aver messo al sicuro la banca da attacchi speculativi. Così non è stato: nei dieci giorni trascorsi dall`operazione il titolo ha perso all`incirca un altro terzo del suo valore. Anche di questo si è parlato ieri, senza trovare una spiegazione, nel comitato strategico in piazza Cordusio.
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giovedì 16 ottobre 2008
martedì 14 ottobre 2008
Ho 30 anni, un master e non trovo lavoro. Sai che me ne frega della crisi dei mercati finanziari !
La crisi per me è iniziata con la recessione dieci anni fa. Ho cambiato in 9 anni 7 mestieri.. e continuo a cercare di mifgliorare, poichè nulla è più "certo", "sicuro", definitivo o remunerativo...
Pubblicato da Tiziano Scolari alle 00:30 in Economia
Sono giorni che non si parla di altro. Le borse tracollano ogni giorno di più. Ogni giorno si ha l'impressione di aver toccato il fondo e poi il giorno dopo si scopre che la situazione economica è ancora peggiore. Ieri il fondo monetario internazionale ha parlato di rischio di recessione globale.
Poi però mi guardo in tasca e scopro che non mi cambia la vita: stavo già male prima. Ho trent'anni, un master, ma non trovo lavoro. Non posso accendere un mutuo oggi che c'è la crisi, ma le banche non me lo avrebbero dato neppure mesi fa, se non col la firma dei genitori. Non ho lavoro e se ce l'ho è precario. Non arrivo a fine mese, sai che mi cambia se un po' di agenti di borsa ci rimettono le loro profumate stock options...
lunedì 13 ottobre 2008
sabato 11 ottobre 2008
Subprime: La morte del Capitalismo
Non capisco se sono cretini o si fanno gioco di noi. Sapevano tutti da oltre 14 mesi (ufficialmente) dei subprime. Si facevano commenti ad alta voce della cartolarizzazione dei "mutui spazzatura" e del fatto che li avevano "spalmati" nei pacchetti di investimento come i Fondi Comuni ed altre forme più sofisticate.
Nei telegioornali assisitiamo ad un Bush che addirittura sorride mentre dice che "non c'è da preoccuparsi". Tanto dopo di lui... c'è il diluvio! (di petrolio nelle sue tasche...)
venerdì 10 ottobre 2008
BANCO POPOLARE Emergenza finita, la Borsa ci crede
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BANCO POPOLARE Emergenza finita, la Borsa ci crede
di: Marino Masotti
Banco Popolare potrebbe essere la prossima banca italiana costretta a smentire le proprie smentite per varare una ricapitalizzazione e rendere più solidi i propri requisiti patrimoniali. Ieri il titolo ha perso quasi il 15% ed è stato penalizzato anche dalle voci di un imminente aumento di capitale: oggi la banca veronese ha cercato di rinfrancare gli animi comunicando che "sulla base delle stime al 30 settembre non emergono impatti rilevanti sui ratios patrimoniali del gruppo rispetto a quanto già comunicato in occasione dei dati al 30 giugno". Il riferimento è all'obiettivo di un ratio Tier 1 del 7,5% a fine anno. Dopo una serie di saliscendi, a metà pomeriggio il titolo perde lo 0,5% a 8,76 euro. Nel corso della mattinata la maggior parte dei dirigenti del gruppo, circa l'85% del totale, ha messo mano al portafoglio per comprare in Borsa 260 mila titoli, circa 2,4 milioni di euro a 9,2 euro per azione. La società nata nell'estate del 2007 dalla fusione tra Banca Popolare Italiana e Banco Popolare di Verona e Novara, si è ritrovata più gracile dopo il matrimonio ed ha dovuto correre ai ripari con una drastica dismissione di asset. L'amministratore delegato Fabio Innocenzi è stato rapido nel procedere con lo smobilizzo, e a fine giugno aveva annunciato che, grazie ad alcune cessioni di asset già avviate (ma non ancora concluse), il Tier 1 ratio calcolato pro forma (come se le vendite fossero state già chiuse) era del 7,4%. In realtà, il valore puntuale a quella data era il 5,6%, un livello che desta qualche preoccupazione nella tempesta finanziaria attuale. Le più importanti istituzioni finanziarie del mondo si trovano in sala di rianimazione e l'euribor, salito ai massimi storici, indica che la diffidenza tra una banca e l'altra è massima. Quindi, è la semplice prudenza che suggerisce di pensare che chi si è impegnato a comprare le attività della banca, possa ora ripensarci, o semplicemente chiedere uno slittamento del pagamento.
Quanto successo a Unicredito indica che in questo momento trovarsi con i coefficienti patrimoniali "tirati" è una faccenda delicatissima, perché quello è l'elemento che mette più in apprensione i mercati. La banca milanese, che aveva un Core Tier 1 ratio del 5,7% a giugno, e contava di salire sopra il 6% entro la fine dell'anno, ha annunciato domenica una ricapitalizzazione da 6,6 miliardi di euro che porterà i livelli di patrimonializzazione oltre la soglia della tranquillità del 6,5%. Banco Popolare si trova in una situazione non troppo diversa: è in mezzo al guado proprio quando la corrente si fa più forte. Il Core Tier 1 comunicato dalla società a fine giugno era pari al 5,9%, ma si trattava di un dato pro forma che teneva conto di operazioni che a oggi non sono ancora del tutto chiuse: se tutto dovesse filare liscio e le dismissioni seguissero il loro corso regolare, si arriverebbe a fine anno tra il 6% ed il 6,5%. Gli analisti, anche quelli che non hanno giudizi negativi, sono cauti e si aspettano che il Core Tier 1 di Banco Popolare arriverà al 6% a fine anno ed al 6,3% a fine 2009, livelli che non garantiscono piena sicurezza quando nessuno si fida più di nessuno. Gli analisti più pessimisti si aspettano, invece, un Core Tier 1 a fine anno del 5,6%. La settimana scorsa Merrill Lynch ha abbassato il giudizio ad underperform ed ha avvertito che la banca, tra le popolari, è quella con la "flessibilità sul capitale più bassa, in quanto ha già sfruttato a pieno le opportunità delle emissioni di titoli ibridi". Gli analisti Andrea Filtri ed Antonio Guglielmi affermano di non aspettarsi alcun miglioramento o beneficio per quanto riguarda il fardello Banca Italease, partecipata al 30,7% che si trova in difficoltà e deve essere aiutata con linee di credito speciale di oltre 4 miliardi di euro. Banco Popolare spera di riuscire a vendere almeno una parte di Efibanca: la banca d'affari del gruppo è sul mercato, senza esiti, dal 2005. Questo non sembra proprio il momento adatto per piazzare a qualcuno una merchant bank: "Siamo scettici sulla possibilità che si faccia sotto un compratore" si legge nella nota di Merrill Lynch.
martedì 7 ottobre 2008
Il nuovo Uragano: " Subprime"
-quando dovessero approvvigionarsi di Euro comprandoli a caro prezzo- si inflazionasse... L'emissione di carta moneta per sopperire ai loro fabbisogni di oro nero creerebbe inflazione interna... creerebbe recessione (ancor maggiore di quella che già hanno)...
Quindi, grazie ancora "America" per averci fatto mangiare i tuoi escrementi!
Io continuerò a divulgare il mio convincimento ad investire in mattoni. Possibilmente dove ancora vi sia un mercato e dove girino i risparmi. Almeno sotto un tetto non piove! definizione Wiki di subprime
Ripropongo qui un articolo interessante sul Blog di Marcello Foa:
Blog Biografia 30Jan 08 I mutui subprime, la frode della Casta delle banche L’Fbi ha messo sotto inchiesta 14 istituzioni finanziarie per lo scandalo dei mutui subprime. Era ora. Ricapitoliamo: per uscire dalla crisi di inizio decennio provocata dal crollo del Nasdaq e dall’11 settembre, la Banca centrale americana ha abbassato i tassi ai minimi storici, sfiorando lo zero. L’economia si è ripresa, ma le grandi banche ne hanno approfittato per gonfiare artificialmente il mercato immobiliare. Come? Inducendo milioni di cittadini a comprare casa anche quando non potevano permetterselo, grazie ai mutui subprime, che coprono fino al 100% del costo, richiedono basse garanzie sul reddito e garantiscono (anzi, garantivano) inizialmente tassi molto bassi. Ma quando i tassi hanno ripreso a salire, è arrivato il conto: molta gente non ce l’ha più fatta a sostenere rate improvvisamente stratosferiche. Normalmente in questi casi a pagarne le conseguenze sono le banche che hanno emesso il mutuo. E invece no, questi gentiluomini avevano spalmato il rischio subprime usando strumenti finanziari collaterali (obbligazioni e più in generale titoli di debito), rivolti inizialmente a società specializzate ,ma poi diffusi in tutti mercati, persino in quelli monetari, senza rivelarne il vero livello di rischio. Risultato: ancora oggi la maggior parte delle banche non sa se ha in portafogli titoli “puliti” o avariati. Insomma, le grande banche si sono arricchite con metodi poco trasparenti, cercando di far pagare surretiziamente ad altri la fattura. Da qui l’inchiesta dell’Fbi per frode. Come non definire banditesco questo comportamento? Il prezzo lo sta pagando l’economia mondiale; insomma, lo stiamo pagando tutti noi. La vicenda induce ad altre considerazioni. Perché le istituzioni incaricate dei controlli hanno lasciato fare? Dov’erano le agenzie di rating? Possibile che la lezione degli scandali Enron, Parmalat, Swissair sia già stata dimenticata? E con che faccia banche come Citigroup, Ubs, Morgan Stanley continuano ad emettere giudizi sulle società quotate in borsa? Un po’ di coerenza, per cortesia. Io dico: ben venga l’ inchiesta; che l’Fbi faccia davvero pulizia.
domenica 5 ottobre 2008
Politica: L' Emerdamento sul Precariato
Leggete il Blog sul problema.
Fra un po' anche noi "liberi professionisti" faremo un corteo.. visto come i vari Governi ci hanno lasciato l'economia...!
http://precaridellaricerca.wordpress.com/
http://iltempo.ilsole24ore.com/adnkronos/?q=YToxOntzOjEyOiJ4bWxfZmlsZW5hbWUiO3M6MjE6IkFETjIwMDgxMDA0MTMyNjQzLnhtbCI7fQ==
http://precaristat.blog.dada.net/tag/brunetta
http://it.youtube.com/watch?v=ALXbd9EveB4