Articolo di Panorama
Fidel Castro: con Obama potrebbe esserci un incontro
- redazione
- Venerdì 5 Dicembre 2008
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Nuova apertura del regime cubano nei confronti di Barack Obama, questa volta niente meno che a opera di Fidel Castro, secondo cui appare possibile il dialogo tra Cuba e Stati Uniti con l’avvento del presidente eletto americano. Di recente Raul Castro, fratello del Lider Maximo e dallo scorso febbraio suo successore alla Presidenza della Repubblica, aveva dichiarato di essere disponibile a incontrare Obama “in un luogo neutrale”, o comunque nella Baia di Guantanamo, l’enclave Usa all’estremità sud-orientale dell’isola caraibica. Fidel si è però spinto ancora più in là: “Con Obama”, scrive in una delle “riflessioni” affidate periodicamente al sito on-line CubaDebate, “potrebbero esserci colloqui dovunque egli voglia, poiché noi non siamo predicatori di violenza e guerra”; anche se poi l’ex leader dell’Avana avverte: “È bene lui si ricordi che l’approccio del bastone e della carota con il nostro Paese non funzionerà. L’impero sappia che la Patria cubana potrà anche essere ridotta in polvere, ma che i diritti sovrani del nostro popolo non sono negoziabili”. Da quando alla fine del luglio 2006 avvicendò ai vertici del potere il fratello maggiore, costretto a cedere le redini per la prima volta in quarant’anni a causa di un delicato intervento chirurgico all’addome, Raul Castro in almeno tre altre occasioni si è detto pronto a risolvere una volta per tutte le “divergenze” con Washington.
Dimostrando di aver seguito con attenzione la campagna presidenziale del primo afro-americano destinato a insediarsi alla Casa Bianca dal prossimo 20 gennaio, Fidel Castro rievoca tutta una serie di prese di posizione di Obama che rendono appunto possibile, ma non scontata, la prospettiva di un riavvicinamento tra l’Avana e Washington: dall’impegno a mantenere l’embargo contro Cuba all’osservazione secondo cui “il denaro degli Stati Uniti deve fare sì che il popolo cubano sia meno dipendente dal regime castrista”; dalla rivendicazione dei valori Usa come “il massimo che possiamo esportare nel mondo” all’osservazione in base alla quale “il nostro potere economico deve essere in grado di sostenere la nostra forza militare, la nostra influenza diplomatica e la nostra leadership globale”. Tutte affermazioni che il Lider Maximo sottolinea ovviamente di non aver gradito: ma “qualcuno doveva pur fornire una risposta serena e ponderata, capace di navigare contro la marea delle illusioni riposte in Obama dall’opinione pubblica internazionale”. Non a caso, l’articolo di Fidel è intitolato Navigando contro corrente.
Non manca neppure una stoccata nei confronti di Hillary Rodham Clinton, l’ex first lady che nelle primarie democratiche contese invano la nomination al presidente eletto degli Stati Uniti: Castro sottolinea come il futuro segretario di Stato Usa sia la moglie di Bill Clinton, il quale da presidente “promulgò le leggi extra-territoriali Torricelli e Helms-Burton contro Cuba”, che confermarono e rafforzarono l’embargo. “Durante la sua lotta per ottenere la nomination”, osserva l’ex leader cubano, Hillary Clinton “s’impegnò a mantenere fermi quelle leggi e il blocco economico”. Un precedente “di cui non intendo adesso lamentarmi”, chiosa Fidel, “mi limito semplicemente a farlo constatare”.
Conclusione agro-dolce: “Senza la crisi economica, la televisione e Internet, Obama non sarebbe stato capace di vincere le elezioni sconfiggendo l’onnipotente razzismo”; però e’ “intelligente”, e ha “più capacità e dominio dell’arte della politica” rispetto agli altri, “non solo nel partito avverso ma anche all’interno del suo”, mentre il rivale perdente, il repubblicano John McCain, è un “mediocre”.
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